Il Sarcofago di Tulliano a Siponto – di Giacomo Telera

Scendendo alcuni gradini nella cripta della chiesa di Santa Maria Maggiore, sulla desta si nota un grande sarcofago e su di esso campeggia la seguente iscrizione: 

 IL SOTTOSTANTE MARMO FU LA CASSA FUNEBRE DEL SIPONTINO EMILIO TULLIANO 35. DUCE DELLE ARMI DI SIPONTO MORTO NELL’ANNO 595. DELL’E. C. NON SI SA QUALE DI SIPONTO PERCHE LA MEMORIA DELLA FONDAZIONE DI QUEST’ANTICHISSIMA CITTÀ SI PERDE NELLA REMOTEZZA DE’ TEMPI. ALLORA SEPOLTA QUESTA CASSA NELLA CHIESA DELLA RADUNANZA DÈ CAVALIERI DI S. ARCANGELO IN QUESTA CITTÀ ILLUSTRE NE FU TOLTA E TRASPORTATA NEL PORTICO DEL DUOMO DI S. MARIA MAGGIORE E DOPO LA PRIMA ROVINA DI SIPONTO PER LA MANO DEGLI SLAVI NELL’ANNO 642. DELL’E. C. NEL 1745 POI DOPO LE TANTE DISAVVENTURE DELLA CITTÀ FINANCO DI UN TERRIBILE TREMUOTO CHE IN FINE L’ADEGUÒ AL SUOLO FU RINVENUTA FRA LE ROVINE DI QUEL DUOMO DA ALCUNI ABITATORI DELLA MODERNA SIPONTO O MANFREDONIA I QUALI SEDOTTI DA UN PELLEGRINO FRANCESE CHE SOPRA ALCUNE STORICHE RELAZIONI ACCERTAVA DOVER ESSERE PIENA DI ORO E DI ARGENTO A FORZA DI DURE NOTTURNE FATICHE LA RINVENNERO E LA DISOTTERRARONO TROVANDOVI PERÒ DENTRO INVECE DELLO SPERATO TESORO IL CADAVERE DI UN UOMO INCENERITO AVENTE SUL PETTO UNA CROCE CAVALLERESCA A CANTO UNA GRANDE SPADA ARRUGINITA ED A PIEDI UNA LAPIDETTA DI MARMO DI UN PALMO QUADRATO CON LA SEGUENTE ISCRIZIONE:

EM. TULLIAN. PROEFECT. XXXV. SIPNRM.

OB.

ANN. SAL. DXCV.

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PER SOTTRARLA DA ULTIMO ALLE INGIURIE DEL TEMPO ED ALLA RAPACITÀ DELL’UOMO FU DEPOSITATA VUOTA COME LA È IN QUESTO TEMPIO NEL 1770. ED A FUTURA MEMORIA DE’ POSTERI SE NE LASCIA IL PRESENTE CENNO OGGI ANNO 1846”.

Iscrizione nella Chiesa di Santa Maria Maggiore a Siponto

Matteo Spinelli, nella prima parte della sua opera manoscritta “Memorie Storiche” (SPINELLI 1783), essendone probabile testimone, scrive di questo curioso evento accaduto a Siponto nel 1745 quando quattro abitanti di Manfredonia, sobillati da un pellegrino francese, rivengono un sarcofago in marmo con le sembianze di un baule. 

La zona che circonda la chiesa di Siponto, sicuramente doveva essere piena di sepolture, proprio come ci ricorda il Mastrobuoni: “numerose tombe d’epoca medievale coprivano e coprono l’area retrostante della basilica paleocristiana, e parecchi sarcofaghi, già precedentemente esplorati, attestano la sepoltura di personaggi eminenti, tra cui il duce delle armi sipontine, Tulliano. In un sepolcro, dov’è ancora custodito lo scheletro d’un uomo, è stata rinvenuta una crocetta pettorale di bottega bizantina del sec. VIII (o IX). Qua e là monete bizantine, e monili di vario genere” (MASTROBUONI 1955); quindi questo sarcofago dovrebbe essere proprio quello del duce delle armi sipontine Tulliano, come indicava la “lapidetta in marmo” di cui parla l’inscrizione sopra il sarcofago.

Lo Spinelli (SPINELLI 1783) ci da qualche notizia su Tulliano, patrizio sipontino, che nel febbraio del 561 succede a Duce delle Armi a L. Pompejo che muore nel giugno precedente. 

Tomba del Duca Tulliano

Sulla scorta delle narrazioni di Sarnelli (SARNELLI 1680), che cita l’Angiulli, ma che viene copiato dallo Spinelli, si riferisce, non senza perplessità, che è un’elezione osteggiata da Felice, vescovo di Siponto, il quale spinge per il conferimento della carica al nipote Elvio Felice, giovane di 27 anni. Per tale motivo il Vescovo sipontino scrive al Pontefice Narsete che, con una lettera al Senato sipontino, cerca di convincere il consesso della città ad appoggiare il nipote del “pastore di anime”. Ma i notabili sipontini persuadono il Vescovo di Roma rispondendo che il giovane non è “atto ad un tal dissimpegno” e che nel caso si fosse acconsentito, ciò avrebbe causato notevole pregiudizio ai patrizi della città.  Al momento della sua elezione Tulliano ha 47 anni ed è figlio del Duce “Elv. Emmanuele Gargano”, morto quando il nuovo Duce aveva solo 15 anni. Tra gli eventi verificatisi durante la “suprema magistratura” di Tulliano, si ricorda l’arrivo in città, nel 567, di S. Agnello (compatrono di Napoli), il quale si reca presso la Sacra Grotta di S. Michele e l’edificazione, nel 574, del monastero per le “Vergini Figliuole de’ Mercadanti, ed altre del Ceto Civile” con annessa chiesa col titolo della “Purità di Maria Santissima”. L’educazione alle donzelle è impartita da Prassede, sorella del Duce Tulliano. Questa notizia lo Spinelli la ricava dagli scritti del frate domenicano Tommaso Angiulli, il quale la trascrive dal Volume della famiglia Vischi, desunti dagli Antichi Annali Sipontini (documenti della nostra Storia andati completamente perduti). 

Nell’anno 583, sempre secondo gli autori citati, passa da Siponto, per recarsi sul Gargano, anche S. Gregorio, il quale stringe amicizia con il nostro Duce delle Armi, come afferma il Cavalieri nel suo “Il Pellegrino al Gargano” (CAVALIERI 1680). Nel 592, papa Gregorio fa delle oblazioni alla Basilica di San Michele e, per la sua forte amicizia con Tulliano, gli raccomanda l’edificazione del monastero di S. Equizio sul Gargano con l’annessa Torre di Guardia dei Sipontini, andata in rovina nel 1765. Ed ancora, il Pontefice avrebbe donato alla Chiesa di quel monastero un’immagine di Maria Santissima e altre reliquie di Santi. 

San Gregorio Magno

Intanto, due anni dopo, a causa di un’infermità, trapassa il vescovo Felice, che lo Spinelli descrive come “Uomo di niuna abilità”, a differenza del Sarnelli che afferma esser morto con buona opinione. Il 25 settembre 595, invece, si avrebbe la morte di Tulliano il quale “dissimpegnò una tal suprema carica Magistrale con zelo, prudenza, e con tutta soddisfazione del Popolo Sipontino”, meritando un’epigrafe di benemerenza nella Sala del Senato della città. È sepolto in un sarcofago di marmo e deposto, come riporta l’iscrizione e lo stesso Spinelli, nella chiesa della Radunanza de’ Cavalieri di S. Arcangelo. La grande stima dimostrata da Gregorio Magno nei confronti del Duce sipontino, la si evince dalle lettere del Pontefice, il quale, nelle sue Epistole al vescovo di Siponto, Vitaliano, si esprime con “gloriosae memoriae Tulliani, Magistri militiae”. Va precisato, comunque, che la datazione dell’epistola di Gregorio Magno al vescovo, in merito alla figlia di Tulliano, è incerta, venendo datata tra il 594 e il 597; per cui, per essere di gloriosa memoria sarebbe morto prima di questo periodo (Per approfondire questo argomento si rimanda al saggio di Pasquale Ognissanti “Il Vescovado Sipontino ai tempi di S. Gregorio Magno”). 

Nel 597, la figlia del “Glorioso Magistrato” si era spogliata dell’abito religioso uscendo dal monastero delle “Vergini Figliuole Nobili”, consacrato al Santissimo Salvatore. Tuttavia, i parenti della donna, non contenti dell’indifferenza mostrata dal vescovo Vitaliano per tale avvenimento, si rivolgono al Pontefice Gregorio, il quale ammonisce duramente il Pastore Sipontino che riesce, successivamente, a esortare la figlia di Tulliano a ritornare sui suoi passi. La lettera di biasimo è riportata dal Sarnelli nella sua “Cronologia de’ Vescovi…” e recita: “Se tu fossi custode dell’abito religioso, e sapessi esser Vescovo, non haveresti permesso, che la figliuola di Tulliano, di gloriosa memoria, Maestro della militia, sotto gli occhi tuoi, lasciato havesse l’habito della religione, e pigliato quello de’ secolari. Adoprati dunque per maniera, che ritorni all’abbandonato Monastero, gastigando colla scomunica quelli, che per avventura ripugneranno”.

Per quanto riguarda la lapide che venne ritrovata all’interno del sarcofago, si è a conoscenza solamente che fu conservata dal marchese Niccolò Fiori, illustre sipontino. Dopo la sua morte, non si seppe più nulla di quella iscrizione.     

Questa ricchezza storico-archeologica ha sempre fatto gola ad alcuni abitanti di Manfredonia e ai cercatori di tesori, i cosiddetti “tombaroli”, e come si è visto, nel corso dei secoli, in quella zona di Siponto, si sono susseguite delle operazioni di scavo, talvolta maldestre, che hanno modificato, o forse sarebbe meglio dire danneggiato, l’aspetto del prezioso patrimonio storico-archeologico. 

Secondo quanto riportato da Ognissanti, nel 1845, ci fu una sorta di sommossa che causò l’arresto di sei persone, per la notizia di un ipotetico tesoro esistente a Siponto. Nonostante questo, il Decurionato sipontino cercò di far capire agli organi giudiziari che l’insurrezione o “rumore” fu solo apparente. Pertanto, chiese al Procuratore Generale di porre in libertà i sei arrestati. 

Un evento, quello appena citato, che potrebbe legarsi ad un altro, messo in luce da un documento conservato nell’Archivio di Stato di Napoli, datato 9 aprile 1845, nel quale il sindaco Michele Giordani, con la sottoscrizione di 39 cittadini di Manfredonia (Matteo Azzarone, Domenico e Ferdinando Manganaro, Antonio de Finis, Raffaele Mazzone, G. e B. Cessa, Domenico Califano, Tommaso e Giuseppe Valente, Pasquale Malucco, Antonio Coppolecchia, Salvatore Donadoni, Domenico Croce, Lorenzo Cusmai, Giambattista Tria, ecc.) chiede al Ministro Segretario di Stato della Casa Reale a Napoli, la licenza Reale per effettuare uno scavo nelle adiacenze della Chiesa di Santa Maria di Siponto, comunicando che anche il possessore del fondo (Capitolo Sipontino) ha concesso il permesso allo scavo. L’istanza è suffragata dalla lettera di accompagnamento dell’Intendenza di Capitanata, nella quale è affermato che “è antica tradizione in Manfredonia, che presso la Chiesa rurale di Maria Santissima di Siponto esista un vistoso tesoro nascostovi, come il volgo crede dal Re Manfredi”. Prosegue annotando che negli “ultimi mesi è nata in molti […] una smania di cavare presso que’ luoghi pel ritrovamento del voluto tesoro”, e molte persone, clandestinamente, riunitesi in vari gruppi, si sono messe all’opera nello scavare. 

Tale situazione viene portata a conoscenza della polizia, che provvede ad impedire le irregolari procedure di scavo come previsto dal Reale Decreto del 1822. 

È verosimile che gli scavi siano stati effettuati, tant’è che, il 26 agosto 1890, l’arcidiacono Luigi Zappetti invia una lettera al sindaco di Manfredonia nella quale manifesta lo sconcerto del Capitolo Metropolitano Sipontino in merito a ciò che “fu operato all’interno della Chiesa di S. Maria di Siponto, con l’imbiancamento di latte di calce e agl’intagli della scultura […] avvenuto in tempo di furioso popolare delirio, quando cioè (poco dopo il 1840) fu devastata quella Chiesa per rinvenirvi un tesoro, che non fu né allora né mai più rinvenuto”. 

A causa di quegli eventi, si richiese anche al Ministro dell’Istruzione Pubblica un sussidio per le spese sostenute, poiché “verso il 1844, […] furono iniziati alcuni scavi, interrotti per ragioni di sicurezza pubblica. Nel rimettere però le cose al pristino stato furono imbiancate colonne, intonacate le pareti delle mura, ed alterate le sembianze del tempio” e inoltre, “furono incanalate le acque piovane riducendo a cisterna una cappella sacra a Diana”.  

Chiesa inferiore di Santa Maria di Siponto da Voyage pittoresque ou Description des royaumes de Naples et de Sicile, 4 voll., Paris, s.n., 1781-1786, Volume III (1783), Jean-Claude Richard de Saint-Non. Acquaforte disegnata da Jean Lous Desprez (1743-1804) e incisa da Pierre Gabriel Berthault (1748-1819).

Il nostro patrimonio storico-archeologico, quindi, non solo ha subito danneggiamenti causati dalle guerre o eventi calamitosi; ma, probabilmente, le colpe maggiori di questi rimaneggiamenti sono da attribuirsi alla mano dell’uomo e, in questo caso, all’ingordigia e alla bramosia di alcuni individui (che non mancano anche ai tempi nostri) alla ricerca di un fantomatico tesoro, nonché alla disorganizzazione e incompetenza nell’effettuare i lavori di scavo. Si spera che in futuro si possa assistere a ulteriori ricerche archeologiche sul territorio sipontino, al fine del rinvenimento di ben altri “tesori” occultati e che si possa riuscire a valorizzarli adeguatamente, poiché il vero tesoro non è fatto di monete d’oro e d’argento o pietre preziose, ma sono proprio la nostra Storia e il nostro Patrimonio Archeologico che possono dare ricchezza e prestigio a questo territorio.

BIBLIOGRAFIA:

SARNELLI 1680 = P. Sarnelli, Cronologia de’ Vescovi et Arcivescovi Sipontini, Manfredonia 1680.

SPINELLI 1783 = M. Spinelli, Memorie Storiche dell’Antica e Moderna Siponto, ms. biblioteche civiche unificate di Manfredonia. 

MASTROBUONI 1955 = S. Mastrobuoni, Antichità sipontine: documenti ed illustrazioni con note d’arte e di storia, Manfredonia 1955.

CAVALIERI 1680 = M. Cavalieri, Il Pellegrino al Gargano, Macerata 1680.

OGNISSANTI 1986 = P. Ognissanti, Il Vescovado Sipontino ai tempi di S. Gregorio Magno, disponibile su: http://www.bibliotecaprovinciale.foggia.it/capitanata/1986/1986pdf_parte1/1986_pI_109-134_Ogissanti.pdf

OGNISSANTI 2016 = P. Ognissanti, Rumore a Siponto per la profanazione del sarcofago di Em. Tulliano, disponibile su: https://www.statoquotidiano.it/29/08/2016/rumore-siponto-la-profanazione-del-sarcofago-em-tulliano/486902/

MAZZEI, NOTARANGELO 1999= M. Mazzei, M.L. Notarangelo, Documenti per lo studio di Siponto antica, Foggia 1999.  

One Reply to “Il Sarcofago di Tulliano a Siponto – di Giacomo Telera”

  1. Mio padre (classe 1901) mi raccontava di una diceria secondo la quale i Capparelli avrebbero rinveenuto un tesoretto all’interno di una nicchia ricoperta da carta da parati, durante le operazioni di ridipintura delle pareti della loro dimora di Via Santa Chiara.
    I “si dice” che non confermano nulla.

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